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Psicoterapia cognitivo comportamentale: cos’è?

Probabilmente – e fortunatamente – ormai non solo gli addetti ai lavori sono a conoscenza dell’esistenza di diversi approcci psicoterapeutici, diversi impianti teorici a cui gli psicoterapeuti fanno riferimento nel loro lavoro di cura: la psicoanalisi, la psicoterapia sistemica, la psicoterapia gestaltica, la cognitivo comportamentale, … senza considerare le infinite diramazioni in cui ciascuna di queste scuole di pensiero si sono differenziate nel corso del tempo. 

È quindi inevitabile che una serie di dubbi e domande si propongano dopo aver preso la decisione (spesso faticosa!) di iniziare un percorso di psicoterapia:

La terapia cognitivo comportamentale (TCC) (o Cognitive Behavioural Therapy, CBT) si è rapidamente affermata a livello globale probabilmente grazie alle caratteristiche di “agilità” e “snellezza” che caratterizzano buona parte (non tutta!) delle sue basi teoriche, che propongono una spiegazione il più possibile semplicediretta e scientificamente fondata del funzionamento della psiche.

Sia chiaro: proporsi di offrire una spiegazione pragmatica chiara del funzionamento della mente umana non significa che la mente umana sia altrettanto chiara e pragmatica: l’approccio della TCC, infatti, presuppone che le emozioni, i pensieri, ed i comportamenti umani siano strettamente e fortemente interconnessi e le sofferenze umane nascano da circuiti disfunzionali che si instaurano fra queste componenti e si mantengono nel tempo.

principi base della TCC prevedono quindi l’analisi, insieme al paziente, di queste strette relazioni tra pensieriemozioni e comportamenti quando risultano per l’individuo invalidanti. L’applicazione di tale approccio prevede il supporto al paziente nell’individuazione di pensieri ricorrenti e schemi disfunzionali di interpretazione della realtà con l’intento di sostituirli e/o integrarli con convinzioni più funzionali.

Tra i professionisti della salute mentale è noto il cosiddetto “verdetto del Dodo”, quando si fa riferimento all’efficacia dei diversi approcci psicoterapeutici: il Dodo, nel racconto di Alice Nel Paese Delle Meraviglie, a seguito di una gara sentenzia: “Tutti hanno vinto, e tutti devono ricevere un premio”. Con questo riferimento Saul Rosenzweig, psicologo statunitense, nel 1936 elaborò la teoria per cui non sarebbe la specificità di un approccio terapeutico a dettare la buona riuscita di una psicoterapia, ma i fattori generali (e quindi: la qualità della relazione instaurata tra paziente e terapeuta) fanno sì che un percorso di cura risulti efficace.

E allora, se è vero che per stare meglio ciò che conta è avviare una psicoterapia – non importa quale – perchè abbiamo deciso di parlare proprio di approccio cognitivo comportamentale?

Per le sue applicazioni!

A cosa serve la terapia cognitivo comportamentale?

Date le premesse, risulta quindi chiaro che la TCC possa essere utile in tutti i casi in cui un individuo sperimenta uno stato di difficoltà e sofferenza, anche di lunga durata, e voglia che nella propria vita si modifichi il ciclo disfunzionale che lega alcune situazioni a specifiche reazioni emotive e comportamentali vissute come faticose dal paziente.

La sofferenza in alcuni casi può portare il nome di alcuni sintomi clinici come depressione, ansia, attacchi di panico, ossessioni, somatizzazioni, … Ma è un “falso mito” che la TCC sia utile solo in caso di presenza di disturbi mentali nettamente incasellati e gravi: possiamo intenderla come un paio di occhiali attraverso i quali lo psicologo psicoterapeuta offre al proprio cliente o paziente una rilettura della realtà.

Come funziona?

ABC

Quanto dura

Non esiste una regola riferita ai tempi della singola seduta e dell’intero percorso, che devono essere necessariamente ritagliati sulle necessità del caso specifico. È frequente che l’incontro duri da 45 minuti a un’ora, con frequenza settimanale o a settimane alterne. Il percorso di terapia può durare alcuni mesi nei casi meno gravi ad uno o più anni nei casi di sofferenza più severa, pervasiva e radicata.

Storia: Come nasce la TCC?

L’attuale approccio TCC, anche se parzialmente differenziato e ramificato in filoni teorici diversi, trae le sue radici dagli anni ‘60-’80 del Novecento; da una parte, nella tradizione del comportamentismo (teoria del funzionamento umano incentrata sullo studio del comportamento visibile), dall’altra negli sviluppi di movimenti anglosassoni di critica alla psicoanalisi, che proponevano letture differenti del funzionamento della psiche umana. Nel contesto italiano, una forte spinta ai contributi teorici del modello cognitivista riguarda il ruolo centrale ipotizzato della relazione paziente-terapeuta nel verificarsi dei cambiamenti nel corso della terapia.

Esercizi

Gli esercizi comportamentali nella TCC sono un aspetto importante, e vengono spesso proposti al paziente anche fra un incontro e il successivo. Il denominatore comune delle proposte di esercizi riguarda l’offrire al paziente degli strumenti di auto-osservazione nei contesti di vita vissuti come faticosi o problematici: l’ABC cognitivo, l’ABC comportamentale, l’esposizione, la matrice ACT, la mindfulness sono alcuni esempi tratti da diversi filoni cognitivisti, accomunati dall’obiettivo di allenare nel paziente una funzionale capacità di flessibilità psicologica.

Funziona?

Centinaia di studi di efficacia della TCC la rendono uno strumento evidence-based, basato sull’evidenza scientifica: è un punto centrale quando si parla di salute mentale, in quanto il paziente ha diritto di ricevere proposte terapeutiche e spiegazioni dettagliate rispetto all’efficacia dimostrata di quanto avviene in terapia – sempre tenendo a mente che la ricerca offre evidenze a livello di grandi numeri ed è il mandato di ogni terapeuta adattare il percorso all’individualità del paziente in carico.

Riferimenti bibliografici

Inverso, A. M., & Lambruschi, F. (2009). La psicoterapia cognitiva e cognitivo-comportamentale: Storia ed evoluzione della tecnica, metodologia, applicazioni cliniche, prove di efficacia. Giornale di Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva.

Melli, G., & Sica, C. (2015). Fondamenti di psicologia e psicoterapia cognitivo comportamentale. Modelli clinici e tecniche d’intervento. Eclipsi.

Moderato, P. (2006). Interazioni umane: manuale di psicologia contestualista. McGraw-Hill.