Il punto di non ritorno
Ci sono giornate indimenticabili nella nostra vita, giornate in cui ti svegli ma ancora non sai che non sarà tutto come prima. Fai colazione, guardi la tua agenda e tra i mille impegni della giornata ti balza all’occhio di avere un appuntamento nel pomeriggio. Un appuntamento come tanti ne hai fatti, un controllo medico. Questa volta è una visita medica un pò fuori dai tuoi canoni, che ti da preoccupazione perché lo specialista che ti riceverà non lo hai mai incontrato. Succede a tutti nell’arco della vita di doversi imbattere in specialisti a cui non avremmo mai pensato di raccontare dettagli di noi stessi, ma le cose si affrontano e cosi la tua giornata scorre come le altre fino a quel momento in cui, seduta in sala d’aspetto chiamano il tuo nome. Ti alzi, entri in ambulatorio, chiudi la porta. Hai superato il punto di non ritorno.
Tutto in un attimo
Ciò che accadde quel giorno di marzo di qualche anno fa è iniziato cosi. Anzi, non proprio, è iniziato un pò prima, ma spesso le cose non sono limpide e chiare come vorremmo fin dall’inizio. Per questo avevo quell’appuntamento nella mia agenda, per togliere ogni dubbio, chiarire la situazione e passare oltre. Di fatto cosi accadde, ma non accadde ciò che mi aspettavo, ovvero che fosse un controllo medico come tanti altri. Fu invece l’esperienza che mi ha cambiato la vita per sempre. Non so dirvi come, ma tornata a casa, tutto era diverso da come lo avevo lasciato. Ero ignara del fatto che in realtà tutto era perfettamente come prima, ero io che non ero più quella che aveva chiuso la porta di casa alle sue spalle un paio di ore prima per andare in ambulatorio. Ero io che incredula mi sentivo persa e sola.
Emozioni
La malattia che mi hanno diagnosticato è il Parkinson giovanile. E già a questa affermazione nascono mille domande, a maggior ragione quando ti riferiscono di esserne affetto.
Non appena ho ritrovato la lucidità per proferire parola, quel giorno in ambulatorio chiedo: “Dottore ma non è una malattia che colpisce le persone anziane?” Implicitamente stavo convincendo me stessa che questo specialista affermato, di un centro d’eccellenza si stava sbagliando, perché è cosi, tutti commettono errori.
Non si sbagliava: il Parkinson giovanile esiste e sono moltissime le persone che ne sono affette, io sono una di queste e nonostante lo stia scrivendo, credetemi, non sono ancora convinta che questa situazione sia accaduta proprio a me. Non certo per un errore di diagnosi ma perché esiste un inevitabile e sano meccanismo che ci difende da tutto ciò che potrebbe traumatizzarci.
Nuvola nera
Capirete che quando ti comunicano qualcosa di simile iniziano le montagne russe, le emozioni prendono possesso delle tue facoltà e in quel momento sei già una persona nuova. Le emozioni sono tunnel esplosivi, non sappiamo dove ci portano, da qualche parte senza dubbio ci conducono, in viaggio dentro di noi ma quando sono troppe, confuse, controverse non siamo ancora in grado di capire nulla. Una nuvola nera. Mi trovavo li da qualche parte in un vortice che non mi apparteneva, in una realtà di parole, situazioni, prospettive con le quali mai avrei pensato di dovermi confrontare. E mi sentivo sempre persa e sola.
Parola d’ordine: vulnerabilità
Persa, sola, insicura, spaventata, arrabbiata, incredula, terrorizzata: cosi mi sono sentita e non mi è possibile contare l’infinità di volte in cui mi sento invasa da queste emozioni, anche a distanza di anni. Questo accade perchè siamo vulnerabili, siamo esseri umani e la vulnerabilità è un dono, è la chiave, secondo la mia esperienza, per prendere contatto con la nostra vita interiore e realtà dei fatti, quelli che costellano la nostra quotidianità, anche e soprattutto quelli che non accettiamo.
La prima cosa che credo di avere fatto (dico credo perchè non è un’azione precisa ma uno stato di cose che si è presenta con il tempo) è stato quindi prendere contatto con il mio essere vulnerabile, anche questo è un punto di non ritorno, decisamente più consapevole di quello che ho precedentemente descritto. Essere vulnerabili non è un segno di debolezza, è segno di umanità, ogni essere vivente è vulnerabile. La società preferisce gli invincibili? Quando la vita ci invita a togliere la maschera eccoci di nuovo ad un punto di non ritorno.
Scegliere
Entrare in contatto con la propria vulnerabilità consente di uscire dal tunnel esplosivo di emozioni per accomodarsi invece in mezzo a loro, come in un campo di fiori, un territorio sicuramente a noi sconosciuto, dove però vi assicuro è possibile trovare tantissime risorse nascoste.
Questa è la nostra medicina: le nostre risorse interiori.
Cosi come cogliamo quel fiore che attira il nostro sguardo, che ha uno splendido profumo, che ha un certo “non so che” che lo rende irresistibile, allo stesso modo cogliere l’emozione che in quel momento ci guida è l’unica strada percorribile per fare uno, due, tre, quattro passi e poi ancora altri, al nostro ritmo fino ad approdare in terre sconosciute ma fertili, dove c’è spazio per qualsiasi cosa si voglia fare, anche quando, in un giorno come tanti di un inizio di primavera ti dicono “ Signora, lei è affetta da Parkinson giovanile”.