Intervistata: Psicologa e Psicoterapeuta Susanna Minasi

Editor: Psicologa Giulia Rocchi

La neuroplasticità è la capacità del nostro cervello di cambiare e adattarsi nel corso del tempo, in risposta alle esperienze di vita. E’ una parola che ci aiuta a comprendere come nulla possa essere fisso e immutabile, nemmeno un organo vitale come il cervello, e quanto questa caratteristica possa essere una grande risorsa.

La Dottoressa Susanna Minasi la neuroplasticità la conosce bene ed è stata il suo segreto per capire come poteva evolversi come psicologa e poter raggiungere i suoi pazienti dove ne avessero più bisogno. L’abbiamo intervistata per scoprirlo:

Raccontaci di te:

Sono Susanna Minasi, psicologa psicoterapeuta e Analista Transazionale. Ho 45 anni, tre figli e un cane. Sono nata e cresciuta a Roma, dove mi sono formata, ma vivo in Olanda  ad Eindhoven, da 4 anni. 

Qui lavoro svolgendo sedute individuali e di coppia sia in presenza con i tanti italiani che risiedono nei dintorni, sia on-line con connazionali sparsi in giro tra l’Italia e il mondo.

Sebbene mi capiti di lavorare anche con adolescenti, seguo prevalentemente adulti e coppie. Molte di loro sono persone di successo e ben integrate, si rivolgono a me perlopiù per problematiche nella sfera relazionale e affettiva, oppure in quella lavorativa. Altri presentano psicopatologie di vario tipo. Alcuni si dichiarano complessivamente soddisfatti della propria vita, ma desiderano impegnarsi in un percorso di crescita personale, sentono forte l’esigenza di sviluppare maggiore consapevolezza per arrivare a scelte nuove.

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Cosa pensi ti abbia aiutato nel costruirti come professionista?

Sicuramente una solida base teorica, all’Università prima e nel corso della Scuola di Specializzazione poi. Ma non basta. Noi psicologici dobbiamo elaborare una nuova forma mentis, forse in nessun’altra professione è così forte la necessità di costruire un “saper essere” accanto al “saper fare”. Per questo consiglierei a chiunque un percorso di psicoterapia per conoscere a fondo i propri meccanismi di funzionamento e imparare a gestirli. Io ho seguito un gruppo di terapia nel periodo della specializzazione che ha cambiato radicalmente il modo in cui vivo la mia vita. 

Sicuramente per costruire la mia professionalità è stata necessaria tanta pratica. All’inizio mi capitava di scoraggiarmi perché dovevo imparare a padroneggiare tanti aspetti diversi: dalla competenza tecnica, alla formazione di una valida griglia di lettura per inquadrare gli eventi, alla familiarità con gli strumenti, alla gestione della relazione ecc… È stato importante per me accettare che ci volesse il tempo necessario, avere sempre delle persone capaci di riferimento alle quali chiedere e concedermi la possibilità di sperimentare, capire, sbagliare, cambiare strada per arrivare a svolgere oggi un lavoro che veramente mi appassiona e fa per me.

Fondamentali sono per me anche la formazione continua e l’apertura a modelli differenti da quello dell’Analisi Transazionale. Ci sono tanti modelli teorici, tutti validi, che in fondo in fondo raccontano gli stessi processi, ma a partire da prospettive differenti. Più si è in grado di spaziare, più si potrà adattare l’intervento al caso specifico.

Se potessi tornare indietro al giorno della tua abilitazione, cosa metteresti nella cassetta degli attrezzi?

Forse qualche strategia di marketing nella presentazione personale e dei propri progetti. Per chi ha idee e non si impaurisce c’è davvero tanto spazio per inserirsi. La tendenza del periodo storico nel quale viviamo è sempre più quella della libera professione e dell’imprenditorialità. Avere qualche strumento in più all’epoca mi sarebbe stato di grande aiuto. 

E poi forse aggiungerei la capacità di calare le teorie affascinanti che studiavo all’Università nei contesti reali, nei problemi concreti che le persone affrontano ogni giorno. È qualcosa che mi sono costruita da sola successivamente.

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Quali pensi che siano le sfide dello psicologo oggi?

La psicologia permea ogni ambito della nostra vita, eppure non vedo uno psicologo a bordo campo nelle società sportive, non vedo uno psicologo presente fisso a scuola per cogliere le dinamiche dei ragazzi e orientarle in modo utile e costruttivo, per non parlare dei programmi di gestione dell’affettività o di tutto il resto fondamentale nella crescita  dell’individuo, non vedo un sufficiente numero di psicologi nei reparti, in occasione della comunicazione di una diagnosi e potrei continuare per ore…

Prendiamo l’esempio del calcio: mio figlio gioca in una squadra locale e sono bravini, ma appena ricevono loro il primo goal si spengono e smettono di giocare bene. È una situazione banale, poco importante, ma per dire che ogni singolo ambiente potrebbe trarre beneficio da un approccio psicologico. Sta a noi coprire questi spazi. A volte inventando da zero dei progetti. Gli ostacoli sono sempre di tipo economico. Chi è disposto a pagare quell’intervento? La nostra sfida per il futuro è continuare a far capire il nostro profondo valore aggiunto nelle situazioni più disparate da una parte e presentare progetti che vadano a coprire quegli spazi vuoti dall’altra. In questo probabilmente le nuove tecnologie potrebbero essere di grande aiuto.

Un’altra sfida è quella di adeguarsi alle forme comunicative attuali: meno formali, più dirette e concrete, con meno distanza di ruolo, con un piglio più operativo. Che ci piaccia o no questa appare la direzione.

Come pensi che sia cambiata la professione da quando hai iniziato ad esercitarla

Quando mi sono iscritta alla Facoltà di Psicologia, l’unico dubbio che avevo riguardava il livello di prestigio di questa disciplina e delle sue applicazioni professionali. Spesso la psicologia veniva sminuita, considerata semplice e poco scientifica. 

Negli ultimi anni ho assistito ad un cambiamento notevole. Se ne parla in generale di più e le persone non si vergognano come prima di dire che vanno in terapia, abbiamo avuto molti esempi anche tra i VIP.  Andare dallo psicologo è ora cool quanto avere un personal trainer! Anche la percentuale di uomini che iniziano un percorso di terapia è aumentata.

lo psicologo è cool!

Noto un cambiamento tra i miei pazienti: se prima erano per la maggior parte donne (80% 10% uomini 10% coppie), adesso sono: 40% donne 40% uomini e 20% coppie. Inoltre molti , anche tra gli uomini, dichiarano apertamente di rivolgersi ad uno psicoterapeuta. 

La psicologia viene sempre più considerata, apprezzata, suscita fascino e interesse, così come la figura dello psicologo.

Inoltre assisto sempre più, forse anche grazie all’effetto dei social, ad un’umanizzazione della disciplina e del ruolo. Mi sembra che si riesca sempre meglio a calare nella vita concreta e reale delle persone e così viene sempre più percepita.

Con il Covid poi è diventato normale svolgere sedute on-line, grazie ad orari flessibili e costi ridotti è possibile raggiungere moltissime persone e la psicologia entra più facilmente nelle case di tutti. Penso sia fondamentale che possa integrarsi e adattarsi ai ritmi frenetici che la società ci impone e l’on-line è in questo di grande aiuto. 

Ritieni che le nuove tecnologie potrebbero essere d’aiuto alla professione? In che modo?

Assolutamente sì: un videogioco che insegni come affrontare l’ansia o un app che ti aiuti a gestire l’emotività potrebbero essere aggiunte significative. Un app con una serie di test da far fare al paziente per poi controllarne direttamente i risultati, un minicorso sul telefono per gestire l’attacco di panico, con informazioni corrette ed esercizi di respirazione e mindfullness, per dire solo le prime cose che mi vengono in mente, potrebbero essere di grande aiuto al paziente e allo psicologo. Qualcosa c’è in giro, ma molto è ancora da realizzare. Le nuove tecnologie possono facilitare e sostenere il nostro lavoro. 

Potrebbero aiutarci infine a trovare un canale adeguato per arrivare ai più giovani, quindi fornire informazioni corrette ed efficaci ma come fossero un gioco, con leggerezza…e in tal senso mi viene in mente la nuova tendenza della gamification che presenta prospettive molto interessanti. 

Inoltre con la trasformazione digitale, è imprescindibile una nostra presenza social e questo si presenta come un’ottima occasione per far conoscere meglio il nostro lavoro e la disciplina.

Se le utilizzi, avresti voluto farlo prima?

Sono soddisfatta del modo in cui lo sto facendo e dei tempi in cui ci sono arrivata. Attualmente svolgo la maggior parte delle mie sedute on-line e raggiungo persone in tutta Europa. Mi sono lanciata da poco su Instagram e sto ancora imparando, ma mi piace molto la possibilità che offre di comunicare in modo sintetico e concreto concetti complessi, ho partecipato a diversi Podcast. So che ci sarebbe ancora tanto da cogliere su ulteriori innovazioni nel campo, sicuramente sperimenterò in futuro. 

Certamente lo trovo importante: prima inizi, prima sviluppi competenze nell’ambito e più velocemente sarai in grado di accogliere il nuovo e stare al passo con i tempi.

Che consigli daresti a un giovane psicologo o a uno studente in formazione?

Il consiglio numero uno è quello di non avere troppa fretta. All’inizio non vedevo l’ora di mettermi all’opera e di raggiungere i risultati. Apprezzo sempre energia ed entusiasmo negli altri e io ne ho da vendere, tuttavia in questo mestiere forse un compito basilare è quello di imparare a STARE, stare con le modalità e i tempi dell’altro, stare con il sentire più che buttarsi sul fare. Con i pazienti è necessario camminare accanto se non un passetto indietro e questo non è facile da imparare. Quindi calma!

E poi studia bene a fondo perchè una buona base teorica è fondamentale. Ormai grazie anche alle tecnologie abbiamo tantissima formazione a disposizione on-line, penso anche a podcast, libri, webinar. Informati, vedi tante cose, sperimenta, solo così potrai capire cosa ti accende e ti appassiona. Ricorda che in questo lavoro la competenza migliora con il tempo e le esperienze di vita. In bocca al lupo!

Cambiare e adattarsi è difficile e se non lo sappiamo noi psicologi chi altro potrebbe saperlo? Quello che però abbiamo scoperto è che la neuroplasticità fa già parte di noi da milioni di anni e quindi dobbiamo sfruttare completamente questo piccolo, antico segreto!